L'isoletta che non c'è (The Copycat 9/11).
NELLA SCORSA PUNTATA LA COMMISSARIA BERNI HA SCOPERTO UN GRANDE INDIZIO, MA È IN QUESTO EPISODIO CHE HA FINALMENTE UNA DELLE SUE INTUIZIONI VINCENTI. IN SINTESI, SIAMO VICINI ALLA SOLUZIONE.
Ciao,
mi hanno scritto diverse persone dicendomi che hanno capito chi è l’assassino. Finalmente qualcuno ha indovinato. Ma qual è la sua vera identità? E, soprattutto, quali sono le sue motivazioni?
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Nelle puntate precedenti.
Il copywriter Fabio Palombella viene trovato ucciso dall’uomo delle pulizie nei bagni di una multinazionale dell’advertising. L’omicidio ricorda il primo delitto descritto da Giorgio Faletti nel suo libro “Io uccido”: la vittima ha il volto mezzo scarnificato e sopra il corpo c’è scritto con il sangue IO AMAZZO, con una emme sola. Una settimana dopo viene eliminato un altro copywriter famoso, Paolo Giacobino, anche questa volta copiando un altro omicidio letterario famoso, quello scritto da Arthur Conan Doyle (inventore di Sherlock Holmes) in UNO STUDIO IN ROSSO. Infine, la terza settimana, viene trovato ucciso Pietro Allievi sul set dello spot della Xamamina, in una situazione che ricorda ASSASSINIO SULL’ORIENT EXPRESS. A capo delle indagini c’è la commissaria Annamaria Rizzo, soprannominata il Commissario Berni, e figlia di un famoso ex copywriter, Paul Rizzo, che soffre di demenza senile e che ormai riesce ad esprimersi solo con gli slogan degli anni ‘80 e ‘90. Ma poco prima del terzo omicidio, il Questore Antonino Cirinnà la costringe ad avvalersi della consulenza del profiler Anselmo Facheretti che è convinto che il serial killer uccida per problemi di identità sessuale. Ma alla Commissaria il nome di Allievi ricorda qualcosa: è un vecchio collega del padre. Non potendo chiedere informazioni a Paul Rizzo a causa della sua demenza senile, Annamaria va a trovare lo zio Checco, vecchia conoscenza della pubblicità, che le suggerisce di cercare nel passato della SCM, una vecchia agenzia di pubblicità. Purtroppo la commissaria Berni non fa in tempo ad approfondire la sua ricerca che viene ucciso il quarto copywriter, Marco Laccio. Questa volta direttamente a casa sua, mandando in panico tutto il settore dell’adv perché adesso i copy sanno che non sono al sicuro nemmeno con lo smart working. Finalmente la fortuna arriva in soccorso delle indagini: Ludovico Angeloni, il CEO della MPP, e cioè l’agenzia dove è stato trovato ucciso Fabio Palombella, trova la bozza di una mail dalla quale si evince che l’assassino frequenta l’agenzia.
L’isoletta che non c’è.
Il bellissimo tramonto che si vede da Montemarcello la fa sentire piccola piccola. E non perché il sole che si spegne dietro Portovenere e irradia di rosso tutto il Golfo dei Poeti è uno degli spettacoli della natura più belli a cui un essere umano possa assistere, ma perché in quel preciso istante si rende conto dell’errore che ha commesso e quanto sia stata sciatta e superficiale nelle indagini.
Dopo la visita in MPP di due giorni prima gli ingranaggi della sua intuizione avevano iniziato a macinare teorie, ma nessuna di queste l’aveva convinta fino in fondo. Una cosa però l’aveva capita. Le vittime conoscevano il loro assassino: Fabio Palombella lo aveva scritto nella sua mail. All’inizio si era sentito osservato ma poi lo aveva riconosciuto. E anche Marco Laccio lo conosceva: lo provava il fatto che a casa sua non ci fosse nessun segno di effrazione. Era quindi probabile che il killer lavorasse nell’ambiente, ma chi poteva essere? Un copywriter anche lui oppure un più generico creativo pubblicitario? Un account stufo della lentezza con cui le vittime facevano le modifiche dei clienti? Un responsabile risorse umane che voleva mandare in prepensionamento i vecchi copy? No, quelle che le erano venute in mente erano ipotesi assurde.
Così era salita sulla moto ed era partita. Annamaria non riusciva a concentrarsi dentro l’ufficio che le avevano assegnato, un po’ perché la stanza del Pool Serial Killer era troppo angusta, un po’ perché le stupide teorie elaborate dal suo vice Alfio Casella e dal profiler Anselmo Facheretti le davano sui nervi. Aveva bisogno di guardare il mare, tuffare lo sguardo nel blu e godere dell’effetto taumaturgico che le onde nel loro eterno movimento avevano sulla sua anima.
In poco meno di due ore aveva raggiunto uno dei punti più alti del promontorio del Caprione, un luogo magico fin dalla più remota antichità, e si era seduta a gustarsi un’anacronistica spuma nella piazzetta di Montemarcello. Si era alzata solo per raggiungere il muretto da dove si vede il tramonto sul mare, ed è lì che aveva capito.
Ci sono particolari talmente insignificanti che il più delle volte sfuggono e per scoprirli bisogna cambiare punto di vista. Come quella minuscola isola che si vede da lì, vicino al Tino, uno scoglio quasi inutile che quelli del posto chiamano Tinetto e che la maggior parte dei turisti ignora. È un punto appena accennato sulla cartina, ma allo stesso tempo è importante perché è l’ultimo pezzo di terra emersa del golfo.
E la cosa che Annamaria capisce lì, improvvisamente, è che quell’isoletta non si vede da nessun altro punto della costa perché, per una questione di prospettiva, è celata dal più grande Tino e dalla Palmaria. Per scoprirla bisogna cambiare punto di vista rispetto ai panorami più conosciuti del Golfo dei Poeti, quelli di Lerici, San Terenzo, della Spezia e di Portovenere. E capisce che anche lei deve cambiare prospettiva perché nella sua indagine ha fatto l’errore di accontentarsi delle prime impressioni.
Quando due giorni prima era tornata dalla MPP il suo istinto le aveva spedito una notifica inconscia che lei non era riuscita a leggere. Ma adesso ha capito. Non c’entra la mail di Palombella, è stato piuttosto un particolare secondario che ha colpito il suo sesto senso. Suo padre si era fermato davanti all’uomo delle pulizie e gli aveva rivolto la parola: – Pesciolino, un amore di pulito– gli aveva detto. Una cosa senza senso, vero, ma c’era una cosa che lei aveva sottovalutato: suo padre a causa della demenza non parla più e rivolge la parola solo alle persone che conosce. E quindi suo padre, il vecchio copywriter Paul Rizzo, conosceva l’uomo delle pulizie. E soprattutto suo padre non sbagliava mai uno slogan, e allora perché aveva scambiato il nome del brand, Coccolino, con la parola Pesciolino? Forse voleva dirle qualcosa nell’unico modo in cui riusciva ancora a comunicare?
Eccolo il cambio di prospettiva. Ecco l’isoletta che fino a qualche minuto prima non si vedeva. Ha dato per scontato che un tipo talmente umile da fare le pulizie fosse una persona innocua, escludendo a priori che potesse essere un serial killer, ma se ci riflette bene le cose tornano. Chi ha trovato il cadavere di Fabio Palombella? E chi quello di Marco Laccio? L’uomo delle pulizie. Sempre l’uomo delle pulizie. Ora la commissaria deve solo accertarsi che si tratti della stessa persona.
Per confermare la sua tesi, alla commissaria Berni sono sufficienti un paio di telefonate. La ditta che fa le pulizie in MPP, nello studio di registrazione dove hanno ucciso Paolo Giacobino e sul set dove hanno trovato Pietro Allievi è la stessa. Il commissario Berni ha parlato con il titolare della ditta che le ha confermato che l’addetto che si occupa dei tre posti è lo stesso, si chiama Pasquale Pescetto e lavora per lui da quasi trent’anni. E lo stesso impiegato faceva le pulizie anche a casa di qualche privato ogni tanto. Ci sta quindi che avesse le chiavi dell’appartamento di Marco Laccio. Però il titolare della ditta gli ha anche detto che l’uomo ha dato inspiegabilmente le dimissioni il giorno prima, senza dare alcuna spiegazione e senza lasciare nessun recapito.
Pasquale Pescetto, ripete ad alta voce la commissaria Berni e si mette a ridere. La sua risata diventa sguaiata, non riesce a fermarsi. E continua a ridere perché pensa che il padre, anche se ha l’Alzheimer e riesce a esprimersi solo con slogan degli anni ottanta e novanta, ha risolto il caso prima di lei. Quando Paul Rizzo ha citato lo slogan di Coccolino non ha confuso il nome del prodotto a causa dei problemi di memoria. La memoria a lungo termine del vecchio pubblicitario funziona ancora bene, eccome se funziona, e lui ha voluto aiutarla suggerendole il nome dell’assassino.
Quello che il padre non le ha detto, però, e che probabilmente non riuscirà a spiegarle, sono i motivi per cui uno che da trent’anni lavora come uomo delle pulizie si sia messo ad uccidere i copywriter. Possibile che alla lunga si sia infastidito perché questi facevano sempre tardi in agenzia e complicavano il suo lavoro? È la prima cosa che le viene in mente, ma è una teoria così stupida e banale che la scarta immediatamente. Avrà litigato per qualche motivo? Probabile, ma addirittura con tutti e quattro? No, deve esserci un motivo più profondo, un movente che lo lega a tutte e quattro le vittime, e forse a tutti i copywriter della SCM. Un movente che potrebbe legare Pasquale Pescetto anche a suo padre.
L’illuminazione le arriva improvvisa come un pugno allo stomaco. Se suo padre ha riconosciuto Pasquale Pescetto e il killer ha riconosciuto suo padre, Paul Rizzo potrebbe essere la prossima vittima. La commissaria Berni non ha ancora capito qual è il motivo per cui il killer uccide i copywriter, ma ha capito che suo padre è in pericolo.
Il Golfo dei Poeti è diventato buio come i suoi pensieri. Annamaria tira su la zip del giubbotto di pelle e corre al parcheggio dove ha lasciato la moto. Salta sulla sella, accende il faro anabbagliante e poi parte. Conosce bene tutte le curve che dividono Montemarcello dalla Serra, e se le divora. Bellavista, Pugliola, Romito Magra, Sarzana: arriva in autostrada in dieci minuti. Sa che la aspettano le curve altrettanto impegnative della Cisa e che quella strada tortuosa è come il mare, richiede rispetto. Ma Annamaria questa volta non può essere cauta come dovrebbe. Deve arrivare a Milano il prima possibile. Deve salvare suo padre dal serial killer dei copywriter.
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Altre cose da leggere quest’estate.
Me l’avevano consigliato in diverse persone, poi ho letto la prefazione di Bruno Bertelli.
(…) Per evolversi al passo coi tempi, la pubblicità deve acquisire consapevolezza di sé: comprendere la forza del suo impatto sociale, passato e presente, penetrare la sua essenza di atto creativo, riconoscere la sua centralità nel farsi strumento e configurazione del nuovo.
(…) Leggere questa Storia della Pubblicità serve a capire come essa sia tutt’altro che un linguaggio isolato. Al contrario, affiora da questa affascinante storia come la pubblicità sia un nodo nevralgico di una rete ricca di interconnessioni, il cui intreccio è generato dalla creatività umana.
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Chi sono.
Mi chiamo Mizio Ratti e faccio il copywriter da più di trent’anni.
Se questo non ti basta posso aggiungere che attualmente sono Direttore Creativo e Partner di due agenzie di comunicazione: Enfants Terribles e Hallelujah. Se poi hai un carattere stalker e vuoi saperne tutto su di me puoi trovare molto di quello che mi riguarda qui: linktr.ee/mizioblog