Mamma mia.
L'EPILOGO SULLA VICENDA DELLA CAMPAGNA CONTROL PER LA FESTA DELLA MAMMA. L'ANNUNCIO NON È STATO CENSURATO (IN ITALIA LA CENSURA NON ESISTE). È STATA BLOCCATA DA UN ENTE? DA UN CONCESSIONARIO? CHISSÀ?
Ciao,
prima di entrare nell’argomento introdotto dal titolo voglio ricordarti che questa newsletter nasce per segnalare i migliori progetti di comunicazione e non ho intenzione di iniziare a fare giornalismo d’inchiesta.
La mizionewsletter non diventerà mai Bad Avenue, il blog che ha terrorizzato i pubblicitari nella seconda decade degli anni duemila, perché io non sono Donald Draper, ma è importante chiarire la vicenda della campagna “censurata” di Control.
È importante per l’etica e la credibilità del nostro settore, solo per questo gli dedico la seconda newsletter in una settimana, ma dalla prossima si torna alla normalità.
Nell’ultima mizionewsletter ho spiegato il mio scetticismo sulla “censura/blocco” della campagna Control ideata dall’agenzia Together per la festa della mamma. Rileggi se vuoi Grandi figli di? per capirne i motivi.
Comunque, in sintesi.
Ho visto l’annuncio sui social e ho trovato il titolo della campagna carino, molto carino, e siccome volevo parlarne nella newsletter, ho scritto a Control Italia per capire chi avesse“censurato/bloccato” la campagna.
Ma non ho ricevuto risposta, o meglio ho ricevuto una risposta molto ambigua.
In seguito a questa risposta ho cambiato il mio atteggiamento nei confronti dell’operazione, perché se all’inizio l’ho giudicata positivamente, dopo mi sono chiesto se non fosse stato tutto organizzato ad arte. E, in questo caso, avrei trovato l’operazione discutibile, almeno dal punto di vista etico.
Voglio chiarire che non ho mai dato un giudizio qualitativo sulla campagna, e non mi sono schierato a favore dei pregiudizi sulla sessualità delle mamme, per me il punto è sempre stato quello di capire se la campagna fosse stata davvero censurata oppure si trattasse di un’operazione fake per generare l’ennesimo “purché se ne parli”.
Per comodità qui sotto c’è il post con cui Control Italia è uscita sulla sua pagina Facebook, quello in cui denuncia che la campagna non poteva uscire.
Comunque, il giorno dell’uscita della newsletter, venerdì 12 maggio, Erika Mameli, nuova direttrice creativa di Together, risponde sulla mia fanpage su Facebook assicurandomi che la campagna era stata bloccata da un Ente, ma senza dire quale.
Gli Enti diventano addirittura due quando una manager non meglio identificata di Together rilascia un’intervista a Sky TG24: “ma una volta visionata, due diversi enti hanno deciso di bloccarla”.
Quasi tutti i quotidiani scrivono della campagna, ma mentre Repubblica, Open, il Fatto Quotidiano… si limitano a parlare di censura e amplificare la notizia, il Corriere si pone la mia stessa legittima domanda, e cioè: “Ma chi ha bloccato la pubblicità di Control pensata per la Festa della mamma?”
Siccome il Corriere è il quotidiano italiano più autorevole, a questa domanda risponde Federica Conte, Marketing Manager di Control: «Non è stata fermata dall’organo di disciplina pubblicitaria. È stato un ente privato con cui c’era già un accordo su tempistica e budget».
E il quotidiano conclude (qui puoi leggere l’articolo completo): “Di più, su chi non ha voluto le affissioni, da Control non vogliono dire… Se fosse tutta una (furba) campagna di comunicazione? Non siamo in grado di dire se il blocco alle affissioni sia cosa certa”.
Però finalmente una cosa l’abbiamo scoperta: lo IAP non c’entra niente.
Strano, perché molte persone sui social si sono convinte che c’entri proprio lo IAP. Pasquale Diaferia, ad esempio.
Qualcuno si mostra scettico, ma Pasquale insiste.
E insiste.
Tra l’altro nessuno sa cosa c’entri Massimo Guastini in questa vicenda, ma Pasquale sembra avere il dogma assoluto.
Al contrario di Pasquale, che probabilmente ha chiesto a suo cuggino, io per togliermi ogni dubbio ho contattato Vincenzo Guggino, Segretario Generale dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, IAP, che mi ha risposto così.
Gentile Signor Mizio Ratti, rispondiamo volentieri alla sua richiesta di chiarimenti in merito al parere preventivo IAP cui lei ha fatto cenno nel suo commento all’ipotetica campagna “Control”.
Innanzi tutto la campagna in parola non è mai stata sottoposta al parere preventivo di IAP, diversamente da quello che qualcuno avventatamente (o in mala fede) ha invece sostenuto.
In secondo luogo il rilascio di un parere preventivo è rapidissimo: nel 2022 il 67% dei pareri è stato rilasciato in 1 giorno; il 14% in 2/3 giorni. In terzo luogo il parere IAP è un servizio consulenziale non vincolante che il richiedente può disattendere se ritiene: parlare quindi di censura nel caso di un parere IAP è assolutamente falso e fuori dalla realtà.
Per inciso non esiste in Italia alcuna forma di censura sulla pubblicità, salvo nel caso di alcuni settori sensibili come il farmaceutico, per il quale è prevista un’autorizzazione ministeriale prima della diffusione della pubblicità.
Quarto punto: non vi è nessun automatismo tra un eventuale parere preventivo negativo e una possibile azione del Comitato di Controllo IAP (organo che rilascia il parere) nei confronti del messaggio non approvato.
Un’ultima notazione non più sull’azione preventiva ma su quella “giudiziaria” dello IAP. Non siamo d’accordo che le conseguenze derivanti dal blocco di un messaggio pubblicitario da parte dello IAP siano esigue. In primo luogo ciò significa vanificare l’investimento economico e di tempo che vi sta dietro. I tempi di intervento IAP sono molto rapidi, spessissimo con la campagna in corso: dalla segnalazione alla decisione, si va dai pochi giorni nel caso di una ingiunzione, ai 12 giorni circa nei casi più complessi davanti al Giurì.
Ma sicuramente c’è un valore ben più importante della perdita economica: ed è quello reputazionale. Una campagna dichiarata non conforme al Codice IAP rappresenta sempre un rischio reputazionale per le aziende, e lo dimostra anche la strenua difesa che le stesse fanno in sede autodisciplinare del proprio messaggio contestato.
Nel suo commento giustamente evoca il tema dell’etica e della responsabilità. E che cosa c’è di più tangibile e che fa onore al mondo della pubblicità che l’aver dato vita e sostenuto un sistema di autodisciplina che non ha eguali in altri settori della vita economica proprio per garantire quei valori?
Il Segretario Generale
Vincenzo Guggino
Insomma, lo IAP non ha bloccato questa campagna di Control, né prima né dopo. L’Istituto è anche piuttosto contrariato dal fatto che qualcuno lo abbia fatto credere.
Inoltre, Vincenzo Guggino mi ha spiegato al telefono che in Italia la censura non esiste, né per il cinema né per la pubblicità. Esisteva ai tempi della Sacis, forse, ma oggi se uno vuole uscire con una campagna esce. Se poi ha paura di essere bloccato perché il messaggio può dare fastidio a qualcuno, chiede un parere preventivo allo IAP, che come abbiamo visto ci mette poco a rispondere: massimo due o tre giorni.
E quindi abbiamo appurato che quella campagna non è stata censurata. Anche se qualcuno in Together ha parlato espressamente di censura.
Devo aggiungere una cosa in favore di Pasquale Diaferia. Forse lui dimostra troppa sicumera, ma è comprensibile che possa aver travisato, come me all’inizio d’altronde e chissà quanti altri, che fosse stato lo IAP a censurare la campagna.
Ecco infatti la definizione di ente per la Treccani.
ente organizzazione dotata di personalità giuridica, che persegue interessi e scopi generalmente superiori ai singoli individui o gruppi: e. pubblici; e. morale] ≈ ⇓ fondazione, istituto, istituzione, organismo, organizzazione, organo, società.
E quindi se non è stata censurata, può forse essere stata bloccata da qualche “Ente Privato” come afferma la Marketing Manager di Control? Ma di quale Ente Privato stiamo parlando? L’Ente per la Promozione Turistica del Molise? L’Ente a Contatto? L’Enterogermina?
Per scoprirlo decido di scrivere su LinkedIn alle persone che nei giorni scorsi si sono dichiarate orgogliose della campagna: Fabio Padoan, Erika Mameli, Serena Mascia.
Non mi rispondono, ma martedì mattina mi telefona Fabio Padoan.
Dopo un paio di simpatici convenevoli del tipo “mi hanno detto che anche tu sei uno che va contro l’establishment” o “la gente dice che sei una persona ragionevole” (gente che evidentemente non mi conosce bene, perché io in realtà sono un ligure di m***a), Padoan mi assicura che la campagna è stata bloccata.
Gli rispondo: “ok, bene, basta che lo scrivi pubblicamente e mi dici chi l’ha bloccata”.
Da qui in poi i toni si fanno accesi: mi accusa di mancanza di fiducia, dice che ho pregiudizi sulla campagna, che taggo gli sconosciuti su LinkedIn, che loro usciranno con un comunicato ma che non vogliono dirmi né quando né dove perché io voglio solo farmi pubblicità al blog (semmai alla newsletter, dato che sul blog non scrivo praticamente più ndr.), che ho dato vita a una gogna mediatica nei loro confronti e che loro non hanno interesse che di questa vicenda si parli sui social…
Io gli faccio notare semplicemente che sono stati loro a lanciare una bomba atomica sui social parlando di censura.
Dopo aver rischiato di buttarci il telefono in faccia almeno un paio di volte ci rilassiamo e Fabio mi fa capire che è stato un Concessionario a bloccare la campagna. O meglio, più che bloccare il Concessionario ha chiesto modifiche tali che secondo loro snaturavano la campagna. Allora io gli domando perché non sono andati da un altro. Lui mi risponde che ormai avevano già organizzato tutto.
Insomma, dopo esserci accapigliati per mezz’ora siamo rimasti con una promessa reciproca. Io avrei dato massimo spazio a qualsiasi loro comunicato, lui mi ha promesso che avrebbe riflettuto se farlo e inviarmelo.
In attesa di questo comunicato, sono andato a ricercare le sue dichiarazioni: «Non vogliamo scatenare la battaglia contro i fornitori degli spazi. E poi crediamo che il problema non sia di quel circuito specifico ma culturale» è ciò che ha dichiarato al Corriere.
Devo riconoscere che è stato coerente. Quello che ha detto a me è la stessa cosa che ha dichiarato alla testata giornalistica: la campagna è stata bloccata da un concessionario.
Peccato che non voglia dire quale.
Così mi domando: è plausibile che un concessionario blocchi una campagna così? Anche senza un parere preventivo allo IAP? Provo a domandarlo alla mia amica Francesca Mudanò, CEO di Cookies Agency, agenzia che fra i suoi clienti ha mysecretcase.
Premetto che ho trovato l’operazione molto intelligente, accompagnata da un'headline puntuale e che considero queste comunicazioni necessarie per abbattere i tabù e combattere il patriarcato. La cosa che ho apprezzato maggiormente è essere riusciti a non limitare la conversazione al ristretto circolo dei pubblicitari: avendo trovato spazio nelle testate nazionali, si è potuto aprire un dialogo più esteso.
Ok, Francesca, ma secondo te è plausibile che questa campagna sia stata bloccata?
È incontrovertibile che lo sia stata. Non avevano nessuna possibilità che passasse. In Italia che io sappia non è mai uscita una campagna affissione con un dildo. Siamo riusciti a far uscire degli spot con mysecretcase sulle TV nazionali, ma è stata una faticaccia. Abbiamo dovuto presentare gli storyboard prima dello shooting e girare addirittura due versioni.
Perché uno spot sì e l’affissione no?
È questione di fasce protette, per non far vedere il dildo ai bambini. In televisione puoi mandare lo spot durante le fasce protette, appunto, mentre per l’affissione non è possibile. E se non ti blocca il concessionario, poi ti blocca sicuramente il Comune che ha sempre l’ultima parola sulle affissioni.
Ma se era impossibile uscire con una campagna del genere perché dovrebbero averci provato, secondo te?
Intanto perché vale comunque la pena provarci, oltre al fatto che una censura è sempre un ottimo gancio per creare conversazione. Poi c’è da dire che loro sono un presidio medico, mentre mysecretcase non lo è. Noi abbiamo ragionato spesso se fare un’affissione ma poi abbiamo sempre giudicato la cosa impossibile.
Com’è possibile che il dildo di Control sia presidio medico e quello di MySecretCase no?
Non è il prodotto, ma è il brand. La comunicazione con il prodotto infatti non è stata possibile.
Ma se sono un presidio medico, e quindi l’unica categoria che anche lo IAP dice che è regolamentata, non dovrebbero aver chiesto mesi prima l’Autorizzazione Ministeriale?
Non lo so, questo devi chiederlo a loro.
Chiedere a loro, giusto, è esattamente quello che ho fatto, più volte, senza ricevere risposte. E sarebbe bastata una dichiarazione, un comunicato o anche un semplice chiarimento che spiegasse chi li ha bloccati per dissipare l’ambiguità che ricopre la vicenda.
Ad ogni modo, la mia ricerca finisce qui.
Ho provato a esporre i fatti con precisione e chiarezza. Con il massimo dell’onestà intellettuale e senza pregiudizi, semmai con qualche battuta ironica ogni tanto. Ma la verità è che la verità la conoscono solo loro, il brand e l’agenzia, e che solo loro possono decidere se essere trasparenti e chiarire cosa sia successo davvero.
Perché sono rimaste molte domande a cui non sono riuscito a dare una risposta.
Chi ha bloccato la campagna? Perché il brand e l’agenzia proteggono un Ente/Concessionario che gli ha causato un danno? Perché se un Ente Privato blocca una campagna si innesca una Call to Action che mira a criticare la mentalità ristretta e i pregiudizi della Società, che è una cosa assolutamente Pubblica? Perché, dato che prima d’ora non è mai uscita un’affissione con un dildo, agenzia e brand hanno pensato che questa volta fosse possibile? Si è trattato di un’ingenuità di fondo oppure di troppa sicurezza nei propri mezzi? E infine perché ideare una campagna in affissione per la festa della mamma, dato che i regali li fanno perlopiù i minori e che quel tipo di comunicazione deve andare in fascia protetta?
In attesa di queste risposte sospendo il giudizio e lascio che tu ti faccia un’idea personale.
Mi limito a rispondere a una domanda che sono certo in molti si faranno, compresi il brand e l’agenzia protagonisti di questa operazione: perché mi sono appassionato a questa vicenda tanto da dedicargli ben due newsletter?
Perché è un ottimo esempio, o almeno un esempio molto efficace, di Meta-Messaggio. L’annuncio LA MAMMA NON SI TOCCA. O FORSE SÌ. è assolutamente secondario rispetto al vero messaggio dell’operazione: “in Italia non si può ancora parlare liberamente di certe cose, come la sessualità delle mamme/donne”.
E l’obiettivo è chiaro: creare due partiti, gli indignati e i contro-indignati per scatenare conversazioni sui social e supplire a una pianificazione media. Ed è indubbio che sono pienamente riusciti nell’intento, tanto che si può affermare che è il caso più brillante di Meta-Messaggio fatto finora in Italia. Ma segue un dubbio, serio e legittimo a mio parere: fino dove può spingersi la comunicazione pubblicitaria?
Questa operazione presenta qualcosa di nuovo che ricorda l’abbattimento della quarta parete nel cinema e nel teatro. Si passa dal rappresentare la Pubblicità a rappresentare la Verità. Un meccanismo diverso da quello della comunicazione classica, in cui il fruitore sa che si sta mettendo in scena una finzione, anche se ben confezionata, e cioè il pubblico della pubblicità sa che le donne non si buttano davvero con il paracadute nei giorni del ciclo mestruale o che la gente non è davvero felice quando inzuppa i Tarallucci nel caffelatte.
Questi progetti rischiano di spacciare la Pubblicità per Verità, ma se si vuole rappresentare la Verità secondo me bisognerebbe essere assolutamente trasparenti e rispondere ai dubbi che vengono ai consumatori, alle testate giornalisti e all’opinione pubblica, perché ne va della reputazione e della credibilità di tutto il nostro settore.
E ora un po’ di alleggerimento finale con un simpatico video.
La vignetta di Cristiano G.
In passato le sue vignette venivano pubblicate sulle migliori riviste di settore. Si firmava come Cristiano A, poi Cristiano B. e C., ma aveva smesso perché lo censuravano. Devo dire che quando ho visto questa vignetta ho compreso le motivazioni delle riviste , ma dato che il tema di questa issue della newsletter è proprio la censura, non potevo censurarlo proprio io. D’altronde è solo satira.
Tutto questo per dire che il più grande vignettista pubblicitario ritorna dal suo lungo letargo in esclusiva per la mizionewsletter firmandosi per l’occasione Cristiano G.
Chi sono.
Mi chiamo Mizio Ratti e faccio il copywriter da più di trent’anni.
Se questo non ti basta posso aggiungere che attualmente sono Direttore Creativo e Partner di due agenzie di comunicazione: Enfants Terribles e Hallelujah. Se poi hai un carattere stalker e vuoi saperne ancora di più su di me puoi trovare tutto quello che mi riguarda qui: linktr.ee/mizioblog