Io, Chiara e l'oscuro.
È QUASI NATALE E SIAMO QUASI TUTTI PIÙ BUONI. CHIARA FERRAGNI LO È SICURAMENTE, PERCHÉ DONA 1 MILIONE DI EURO IN BENEFICENZA. IO NON LO SONO AFFATTO PERCHÉ NON CREDO ALL'AUTENTICITÀ DELLE SUE SCUSE.
Ciao,
questa mizionewsletter non era per prevista, volevo uscire solo il giorno di Natale con il bilancio sociale di Mentor for Charity e prima del 31 con i migliori progetti di comunicazione del 2023, ma non riesco a trattenermi dal commentare un’operazione di crisis management importante come quella di Chiara Ferragni.
Riassumo la vicenda.
L’AGCM, L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha sanzionato per pratica commerciale scorretta due aziende di Chiara Ferragni (Fenice srl e TBS Crew srl) per oltre un milione di euro e la Balocco Spa per 420.000 euro (qui puoi leggere l’intero comunicato dell’AGCM).
Per approfondire l’argomento puoi anche seguire i social di Selvaggia Lucarelli, la persona che ha fatto venire a galla lo scandalo, se invece preferisci la versione breve, eccola. Perché quello che l’AGCM ha contestato a Ferragni e Balocco è questo:
far credere, nel comunicato stampa di presentazione dell’iniziativa, che acquistando il Pandoro Pink Christmas al prezzo di oltre 9 euro, anziché circa 3,70 euro (costo del pandoro non griffato), i consumatori avrebbero contribuito alla donazione che in realtà era già stata fatta dalla sola Balocco, in cifra fissa, a maggio 2022, quindi molti mesi prima del lancio dell’iniziativa (novembre 2022);
aver diffuso, tramite il cartiglio apposto su ogni singolo pandoro “griffato” Ferragni, informazioni idonee ad avvalorare la circostanza - non vera - che l’acquisto del prodotto avrebbe contribuito alla donazione pubblicizzata;
aver pubblicato post e stories sui canali social della signora Ferragni in cui si lasciava intendere che comprando il Pandoro Pink Christmas si contribuiva alla donazione e che la Signora Ferragni partecipava direttamente alla donazione, circostanze risultate non rispondenti al vero, nonostante le sue società avessero incassato oltre 1 milione di euro.
Questi sono i fatti, ma io vorrei commentare la vicenda considerando due punti di vista diversi, il primo è quello etico, mentre il secondo è quello della comunicazione. Ma per approfondire il primo argomento, paradossalmente devo partire dal secondo, perché Chiara Ferragni nel suo video di scuse cita ben tre volte la comunicazione come principale responsabile del suo errore.
“Mi rendo conto di aver fatto un errore di comunicazione”
“Se non c’è stato un controllo sufficiente sulla comunicazione si possono generare equivoci”
“Il mio errore è stato legare con la comunicazione un’attività commerciale con una di solidarietà”
Piccolo ripasso di come si dovrebbe fare la beneficenza:
possibilità numero uno: si dona a qualcuno e non si pubblicizza il gesto;
possibilità numero due: si pubblicizza qualcosa, anche un brand o un servizio che ha scopo di lucro, ma poi si devolve il guadagno in beneficenza.
Non esistono altri modi di fare beneficenza, e di certo non può essere considerata beneficenza chiedere a un brand un cachet milionario e poi pretendere che quest’ultimo faccia una donazione.
Questo presupposto è il punto di partenza, che non riguarda la comunicazione ma che attiene semplicemente al principio della buona fede, salvo che non si voglia credere che il Team di Chiara Ferragni ignori i più elementari principi di comunicazione e senso civico.
Dopodiché possiamo iniziare a parlare di comunicazione.
Quello che vedi sotto è il cartiglio dell’ormai famoso Pandoro Pink Christmas.
Chiara Ferragni e Balocco sostengono l’Ospedale Regina Margherita di Torino, finanziando l’acquisto di un nuovo macchinario che permetterà di esplorare nuove strade per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing.
Questo testo, comunque lo si voglia interpretare, è pubblicità ingannevole: i consumatori sono portati a pensare che pagando oltre 9 euro, invece di 3,70 euro del pandoro normale, oltre a un pezzo di plastica che permette di lasciare l’icona dell’occhio di Chiara con lo zucchero a velo, contribuirà all’acquisto di un nuovo macchinario per l’ospedale, perché tutto o buona parte del guadagno sarà devoluto in beneficenza.
Peccato che la donazione di 50.000 euro di Balocco sia stata fatta molti mesi prima.
Balocco non è innocente in questa vicenda ma il motivo per cui i brand siano in stato di sudditanza psicologica nei confronti degli influencer è un argomento che preferisco trattare più avanti, piuttosto ti pongo una domanda: trovi credibile che un’imprenditrice come Chiara Ferragni, sempre maniacalmente attenta alla sua immagine, non abbia compreso la dinamica dell’operazione commerciale?
Al punto 24 della sentenza dell’AGCM, che puoi visionare qui, si legge:
Dagli atti risulta che Balocco non avrebbe voluto inserire nel comunicato il riferimento alla donazione come legata alle vendite del prodotto; anzi, in una mail interna un dipendente scrive: “Mi verrebbe da rispondere [al team Ferragni]: In realtà le vendite servono per pagare il vs cachet esorbitante”.
Nel complesso le società riconducibili a Chiara Ferragni (Fenice e TBS Crew) sono state multate più del doppio rispetto alla Balocco, questo nonostante sia stato il brand a commercializzare il pandoro incriminato.
Come mai?
Semplice: perché sono state ritenute doppiamente responsabili: oltre a insistere che l’operazione commerciale fosse legata alla beneficenza, avevano l’ultima parola su ogni contenuto pubblicato, come risulta scritto nel punto 29 dell’AGCM:
Un copioso numero di e-mail dà conto della definizione in comune dei contenuti di tutto quanto è stato pubblicato (post, repost e stories, sito di Balocco). Anche in questo caso, sulla base delle previsioni di cui al contratto firmato tra Balocco e TBS Crew , risulta la facoltà di TBS Crew di decidere in ultima istanza i contenuti da veicolare, facoltà che in alcuni casi è stata esercitata anche in relazione ai post, i repost e le stories.
Ma secondo Selvaggia Lucarelli quello del Pandoro Pink Christmas non è un’eccezione, bensì la regola, il modus operandi di Chiara Ferragni.
Nel 2021 e nel 2022 l’Influencer aveva fatto la stessa operazione con Dolci Preziosi per la promozione delle uova di cioccolato: a fronte di un cachet di 500.000 euro (2021) e di 700.000 euro (2022) , Dolci Preziosi aveva donato 12.000 euro (2021) e 24.000 euro (2022) ai Bambini delle Fate.
Sul Fatto Quotidiano la Lucarelli riporta in un articolo la telefonata fatta a Franco Antonello dei Bambini delle Fate.
Franco Antonello: “Noi abbiamo stretto un accordo con Dolci Preziosi, loro volevano scrivere che la donazione era legata alle vendite, noi ci siamo rifiutati e abbiamo permesso di usare l’espressione ‘Sosteniamo i Bambini delle fate’”. Chiedo a Franco l’entità della donazione. “Preciso che per l’operazione uova non abbiamo mai avuto contatti con Ferragni, ho provato a contattarla e parlarle, ma non è stato possibile. Ci sono stati donati da Dolci Preziosi un anno 12.000 euro e l’altro 24.000 euro”. Chiedo se è al corrente del fatto che Ferragni ha guadagnato 500 e 700.000 euro nei due anni di accordi per le uova. “Ho accettato perché sembrava figo, c’era il nome di Ferragni, pensavo di fare cose più importanti e invece è finita così. Lei non sa quante aziende si fregiano di fare cose per il sociale, grazie alla parola ‘beneficenza’ creano fatturati più grossi e con due monetine date al sociale hanno la medaglia dei benefattori”. Chiedo se non gli dà fastidio che Ferragni parlasse di “uova per fare del bene”. “Mi stupisce che abbiano dato 700.000 euro per il testimonial e 12.000 euro per il sociale, è una vergogna”.
Sul profilo Instagram di Selvaggia Lucarelli, puoi approfondire tutto l’argomento.
Personalmente provo un fastidio profondo nei confronti di Chiara Ferragni fin dopo il 25 novembre, perché tornato a casa dalla manifestazione in Largo Cairoli avevo intercettato questa sua foto sui social.
La mia reazione istintiva era stata quella di stima e ammirazione . Mi ero detto: “chissà come è stato difficile per una come lei mischiarsi alla folla, e data la sua fama la sua partecipazione non può che fare bene alla causa”.
Però c’era qualcosa che stonava, e facendo una piccola ricerca ho trovato questa t-shirt di Dior che ha pubblicizzato nel 2017 e che è tuttora in vendita al prezzo di 750 euro.
Ora, oltre a ignorare le più elementari regole di comunicazione sulle donazioni, è possibile che sia così priva di fantasia da recuperare un claim del 2017 che guarda caso è stampato sopra a una t-shirt di Dior?
Tutto è possibile, ma io sono allineato alla Lucarelli: più che errori di comunicazione si tratta del suo modus operandi. Se per la vicenda di Dior non ho scritto niente è solo perché non mi sembrava il caso di criticare una donna in quella circostanza.
Noi gente di comunicazione siamo consapevoli che non salviamo vite umane, che spargiamo inquinamento cognitivo nel mondo, per questo a volte proviamo sensi di colpa, ma nessuno dei colleghi o delle persone che conosco in questo ambiente sono arrivati a livelli etici così bassi. E c’è un’aggravante: Chiara Ferragni cavalca sempre le cause più attuali oppure quelle che sensibilizzano maggiormente l’opinione pubblica. Come se invece di fare del bene alla causa scelta, fosse la causa che fa bene a lei.
Quando lavoravo per una delle tante associazione che si occupa di Alzheimer, la presidentessa mi ripeteva spesso: “dei vecchi non frega niente a nessuno, mentre basta esporre un bambino per raccogliere valanghe di donazioni”.
Sembra una visione cinica, ma è la verità.
Perché Chiara Ferragni espone tanto i suoi figli? Perché la beneficenza si focalizza spesso nei confronti dei bambini?
Durante un’intervista al podcast BSMT di Gianluca Gazzoli, il comico Filippo Giardina ha commentato la sua polemica con i Ferragnez: “i social non funzionano più come prima, quindi se tu ostenti la tua vita dopo un po’ rompi i coglioni, invece mettendo i bambini si crea quella affezione, perché diventi parte di quella famiglia e dopo un po’ gli vuoi bene. Quindi non compri il disco di un cantante, ma compri il disco di Leone e di Vittoria. Un giorno, ne sono sicuro si parlerà di strumenti di manipolazione di massa, e quelli sono i social”.
L’inquinamento cognitivo che noi pubblicitari produciamo è infinitamente più piccolo rispetto a quello generato oggi dai mega influencer, perché è evidente che la pubblicità sia finzione, anche per questo è circoscritta dentro spazi tabellari, mentre l’esistenza degli influencer sembra vera anche se non lo è, e vende modelli di vita irraggiungibili, almeno per il 99,9% delle persone.
Dato che questa newsletter parla di pubblicità, ecco un commercial che esprime bene la pericolosità di questo fenomeno . È Cost of Beauty, l’ultimo film di Dove.
Ma il rischio di questo inquinamento cognitivo non porta solo all’anoressia come raccontato da Dove. Quanti amici wannabe influencer hanno mollato il lavoro per una chimera di notorietà e ritroveremo fra qualche anno alla disperata ricerca del reddito di inclusione? Quanti genitori ci propinano le foto in serie dei propri pargoli su Instagram anche se non sono belli e simpatici come Leone e Vittoria?
L’incremento dei disturbi mentali, specie nelle generazioni più giovani, e causa di cui Fedez si è fatto testimone, sono dovuti in gran parte agli stili di vita inarrivabili rappresentati sui social network. La cosa migliore che Chiara Ferragni potrebbe fare per i bambini, se il tema le interessasse davvero, sarebbe quella di togliere Leone e Vittoria da Instagram. Per il bene loro, della loro futura igiene mentale, ma anche di tutti i bimbi non altrettanto belli e con genitori non sufficientemente intelligenti.
Senza trucco e senza inganno.
Qualsiasi persona che lavora in comunicazione sa che il video di scuse di Chiara Ferragni non è spontaneo, ma è l’attività di crisis management con cui il Think Tank dei suoi consulenti di comunicazione ha fatto seguito alla sanzione dell’AGCM.
Per la prima volta lei si presenta al suo pubblico dimessa, singhiozzante e sbattuta, con i capelli raccolti e una robina addosso che magari è un cachemire Loro Piana che costa migliaia di euro, ma sembra un coso qualsiasi che potrebbe indossare una suora laica qualunque. Anche il background è triste e piatto come non mai, tanto che per girare il video il suo Team avrà dovuto esplorare per giorni il suo nuovo appartamento da due milioni di euro.
Le scuse sono state un’ottima idea, ma il modo con cui l’ha fatto non è stato convincente. Il mio parere professionale è che si tratti di un contenuto segmentante: chi stravede per lei e ambisce alla sua vita perfetta, lo avrà trovato ammirevole, ma chi ha iniziato a nutrire dubbi sulla sua levatura morale lo avrà trovato cringe.
Interessante il fatto che inizi il suo appello dalla famiglia, dai valori, dai figli che, come abbiamo visto, sono la killer application dei Ferragnez. Il momento di massima commozione però è al secondo 25, quando chiede scusa e poi scoppia quasi a piangere (mia moglie ha una teoria: mai credere ai pianti senza lacrime), ma la sicurezza riemerge quando dichiara “devolverò un milione di euro al Regina Margherita”.
È la stessa sicurezza che dimostra dopo sessanta secondi, quando sembra prendere la rincorsa (si appoggia allo schienale prima di riavvicinarsi di colpo alla videocamera) per affermare: “come ho già detto nei giorni scorsi, impugnerò il provvedimento dell’AGCM perché lo ritengo sproporzionato e ingiusto. Il mio errore, in buona fede, è stato quello di legare con la comunicazione un’attività commerciale con una di solidarietà”.
Anche in questo caso, ti propongo un piccolo ripasso di come chiedere scusa:
“scusa, ho sbagliato, mi dispiace”.
“scusa, ho sbagliato, non lo farò mai più”.
“Scusa ho sbagliato, ma non è colpa mia perché è solo un errore di comunicazione comunque fatto in buona fede e la punizione che mi è stata inflitta è ingiusta”, non è il modo ortodosso per farlo. Perché le scuse, quelle autentiche, portano con sé il pentimento.
Ma il focus della comunicazione è nell’espiazione esagerata: “donerò un milione di euro”.
È la parte meno autentica del messaggio, non perché dubiti che donerà quella cifra incredibile all’Ospedale Margherita (oddio, qualche dubbio rimane dato la sua abitudine di dire le bugie), ma perché è un messaggio manipolatorio che ha come principale obiettivo quello di restituire Santità alla sua immagine.
È un messaggio come quelli che ci mostra ogni giorno su Instagram, con la sua vita perfetta e la sua famiglia altrettanto perfetta. Sbattere in faccia al pubblico la sua ricchezza per recuperare ciò che ritiene di aver smarrito, cioè la sua aurea di perfezione, è l’unico modo con cui è capace di comunicare e relazionarsi con gli altri.
Più che un atto di generosità, quel milione di euro assomiglia al costoso prezzo per riscattare la sua virginea immagine. Assomiglia alle operazioni che i brand fanno quando scarseggiano le idee, i concorsi a premi: continua a credere alla perfezione e continuerai a cibarti della mia vita perfetta, e magari un giorno sarai come me.
Che poi, nonostante l’algida Ferragni non sia capace di piangere, io credo che stia passando davvero un periodo di sofferenza. Sono convinto che quello che la terrorizza di più al mondo è il fatto di essere criticata, di non essere vista come una madonna contemporanea che guarisce i bambini e combatte per l’emancipazione femminile. Come molti altri soffre della più grave e diffusa malattia dei nostri giorni.
Quale?
Ecco i quattro tratti distintivi del narcisismo.
l'amore verso sé stessi che si esprime nel parlare di continuo di sé in una sorta di megalomania.
bisogno di stare di continuo al centro dell'attenzione.
necessità di conferme, di gratificazioni eccessive.
manipolare, dire bugie, non accettare critiche.
E qui torniamo a Fedez: un mega influencer che oggi si occupa di igiene mentale è come se Philip Morris volesse occuparsi di prevenzione per il cancro ai polmoni. Perché piuttosto di preoccuparsi delle conseguenze, sarebbe auspicabile eliminare le cause o almeno ridurle. Sarebbe meglio limitare la rappresentazione di modelli irraggiungibili basati su fama e ricchezza ma che ignorano la competenza.
Per quanto riguarda la parte commerciale dell’operazione, sempre grazie alla sentenza dell’AGCM sappiamo che Pink Christmas è stato un flop.
Sono stati prodotti 362.577 Pandori “griffati” che sono stati ceduti ai distributori a [omissis] € e, a causa della scarsa rotazione del prodotto, le giacenze di magazzino che sono andate distrutte (materie prime ed imballi non più utilizzabili) ammontano al 31 dicembre 2022 a [100.000-900.000] €. Complessivamente l’operazione ha generato una “perdita” di [100.000- 900.000] €.
Non possiamo conoscere la reale entità della perdita, perché coperta da omissis, ma possiamo affermare che dal punto di vista pubblicitario è stato un bagno di sangue.
Non la prima operazione fallimentare fatta con un Influencer, non l’unica, ma sicuramente la più rumorosa, dato che è stata fatta da quella che tutti considerano la regina dei social.
È questo il messaggio più importante di tutta la vicenda: gli Influencer non funzionano per comunicare i brand.
E allora perché i direttori marketing di molte aziende subiscono passivamente i loro contratti capestro ? Perché si fanno coinvolgere in progetti che non portano niente alla marca, né come vendite né come immagine?
Un tempo c’era Mike Bongiorno, l’influencer ante litteram, che spostava le vendite di un prodotto perché si dedicava con passione alle televendite. Sono poi arrivati i Testimonial che con lo stesso cachet che Balocco ha corrisposto alla Ferragni garantivano ottimi ritorni grazie alla loro immagine ripetuta negli spot in televisione. Oggi ci sono gli Influencer che nonostante siano privi di qualsiasi competenza, schifano i brand sui social dedicando loro solo il tempo di una storia su Instagram.
Se è vero che la maggior parte delle operazioni con gli Influencer portano pochi risultati, o addirittura nessuno, perché i brand continuano a farle?
Perché sono facili da giustificare, soprattutto a quelli a cui devi rendere conto (un contenuto con la Ferragni lo puoi spiegare anche al boomer del tuo CEO). Perché puoi illuderti con i numeri di visualizzazioni e di like (i cosiddetti vanity metrics). Soprattutto perché le idee originali e le strategie di comunicazione a lungo termine sono sempre più difficili da perseguire, sacrificate dagli uffici marketing sull’altare del “tutto e subito” e del “lo hanno già fatto i brand X, Y, Z, per cui dovrebbe funzionare”.
Il macroscopico utilizzo di Influencer oggi è la spia di un mondo della comunicazione sempre più in crisi. Di idee, di coraggio e di innovazione.
Un mondo in cui alle agenzie pubblicitarie sta sfuggendo di mano il talento (è la conseguenza di un lavoro sempre più stressante, sempre meno retribuito e con un ricambio generazionale difficile), un mondo in cui troppi uomini di marketing hanno dimenticato quanto sia fondamentale il messaggio della comunicazione.
Fresh Stuff.
Giusto per non lasciarti solo con un senso di rabbia e frustrazione, concludo con un po’ di bellezza. Il primo commercial che ti presento è Believe in Luck, ideato da TBWANEBOKO per Dutch State Lottery.
Il secondo video è Resistruments di Jung von Matt per Arthelps, un bellissimo e struggente progetto che racconta di come in Ucraina abbiano trasformato le armi russe in strumenti musicali.
Infine un simpatico esempio di come l’AI possa aiutare anche la simpatica categoria degli avvocati: This weekend have a weekend di BigSmall per Disco Cecilia.
Chi sono.
Mi chiamo Mizio Ratti e faccio il copywriter da più di trent’anni.
Se questo non ti basta posso aggiungere che attualmente sono Direttore Creativo e Partner di due agenzie di comunicazione: Enfants Terribles e Hallelujah. Se poi hai un carattere stalker e vuoi saperne tutto su di me puoi trovare molto di quello che mi riguarda qui: linktr.ee/mizioblog
Bella questa newsletter: spiega scientificamente, oserei dire, il senso di inc@zz@tur@ che si prova di fronte a questa vicenda.
Una cosa però, non hai detto: "We Should All Be Feminists" ("Dovremmo essere tutti femministi") è un bellissimo breve saggio della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, scritto ben prima che della frase si impossessasse furbescamente Dior - e poi Chiara...
Un saggio da leggere, non foss'altro che per la velocità di lettura.
Ciao!
Ottima riflessione: video adeguato a superare il momento di crisi e diretto principalmente a confortare pubblico e clienti. E le critiche che scrivi sono una semplice dichiarazione di cosa non farà più; non che sia pentita...