The Copycat 4/11
L'ESTATE SI STA FACENDO SEMPRE PIÙ CALDA, COSÌ COME IL MINI-THRILLER PUBBLICITARIO ESTIVO DELLA MIZIONEWSLETTER: THE COPYCAT. IN QUESTO NUMERO IL QUARTO EPISODIO DEL GIALLO.
Ciao,
ti ricordo che le normali pubblicazioni della mizionewsletter riprenderanno a settembre, ma durante questa pausa estiva ho deciso di tenerti comunque compagnia con il mini-thriller pubblicitario estivo THE COPYCAT.
Eccoci dunque alla quarta puntata di undici.
Come sta andando questo test estivo? Al momento direi bene dato che la media si attesta oltre i 2.000 lettori per puntata, ma il vero bilancio lo tirerò solo dopo l’undicesima puntata.
Nel frattempo, se ti sei perso le puntate precedenti, puoi leggere direttamente dai link il primo capitolo THE COPYCAT, oppure il secondo capitolo IL COMMISSARIO BERNI, ma anche il terzo capitolo UNO STUDIO DI REGISTRAZIONE IN ROSSO.
Altrimenti trovi un breve riassunto più sotto.
Nelle puntate precedenti.
Il copywriter Fabio Palombella viene trovato ucciso nei bagni di una multinazionale dell’advertising. L’omicidio ricorda il primo delitto descritto da Giorgio Faletti nel suo libro “Io uccido”: la vittima ha il volto mezzo scarnificato e sopra il corpo c’è scritto con il sangue IO AMAZZO, con una emme sola. Una settimana dopo viene eliminato un altro copywriter famoso, Paolo Giacobino, anche questa volta copiando un altro omicidio letterario famoso, quello scritto da Arthur Conan Doyle (inventore di Sherlock Holmes) in UNO STUDIO IN ROSSO. A capo delle indagini c’è la commissaria Annamaria Rizzo, soprannominata il Commissario Berni, e figlia di un famoso ex copywriter, Paul Rizzo, che soffre di demenza senile e che ormai riesce ad esprimersi solo con slogan degli anni ‘80 e ‘90.
Dio, Patria e Famiglia.
L’ufficio sembra quello di un notaio di provincia, totalmente privo di personalità ma con mobili in radica di noce che esprimono la pesantezza della carica della persona che occupa quella stanza. Un arredamento opulento che non trasmette niente di personale, ma che probabilmente il burocrate ha ereditato dalle persone che occupavano la stessa carica e lo stesso ufficio prima di lui. Forse le uniche cose che il dottor Antonino Cirinnà ha introdotto in quegli spazi da quando è stato promosso Questore sono il crocifisso gigante intarsiato con pietre colorate che svetta sopra di lui, la bandiera italiana con colori tanto vividi da sembrare appena tirata fuori dal cellophane e la foto sulla scrivania di una famiglia perfetta, sia come numero sia come orientamento sessuale. Dio, Patria e Famiglia.
Il messaggio è chiaro, ma come se non fosse sufficiente e il Questore fosse un fervido amante del pensiero didascalico, la foto familiare non è girata verso di lui bensì punta lo sguardo dell’ospite come un monito. E l’ospite è il Commissario Berni.
Annamaria sa che in questura le voci su di lei si espandono ad ogni livello e si domanda se il dottor Cirinnà tenga sempre la foto rivolta verso gli altri oppure abbia deciso di girarla in occasione della sua visita. Ha la certezza che quella scelta sia stata fatta in suo onore non appena ascolta la prima domanda che le rivolge il Questore: – commissario Rizzo, lei è sposata? Ha famiglia?
Sembra una domanda innocua, di circostanza, solo per rompere il ghiaccio, se non fosse che le voci che girano pure sul nuovo questore parlano di un quarto elemento d’arredo che si è portato appresso dal precedente incarico: un mezzobusto mussoliniano, un soprammobile di marmo tenuto celato dentro uno dei mobili di radica di noce, ma pronto a uscire allo scoperto non appena la nuova classe dirigente della Repubblica Italiana acquisirà un po’ di arroganza in più.
Annamaria è tentata a rispondere che no, non ha una famiglia, ma che se ce l’avesse non sarebbe uguale a quella banale e ipocrita del Questore, ma con il tempo ha imparato che provocare i superiori non porta niente di buono. Trattiene il suo spirito ribelle e risponde semplicemente: – no.
Il Questore però non sembra soddisfatto, accarezza con le mani il doppiopetto grigio che trattiene a stento la sua flaccida tracotanza e le fa un’altra domanda personale: – Annamaria Bernbach Rizzo, un nome peculiare…
Il Commissario Berni capisce che anche quell’affermazione nasconde una trappola. Al Questore non piace il fatto di trovarsi di fronte una donna con un ruolo di comando, non gli piace che questa donna gli sbatta in faccia la sua fluidità di genere, non gli piace che abbia un nome strano, da fricchettoni, e pensa che dipenda dal fatto che sia cresciuta in una famiglia radical chic, gente che non è in grado di educare i figli secondo i sani e tradizionali principi, – Bernbach… – insiste il Questore.
Annamaria è certa che il dottor Cirinnà abbia fatto un veloce censimento nella sua limitata cultura per ricordare qualche filosofo di sinistra con lo stesso nome, ma scommette che si è fermato a Marx, poi probabilmente gli è venuto in mente Groucho Marx. Così decide di venirgli incontro: – in effetti mio padre era una persona peculiare. Un pubblicitario. Un copywriter per la precisione, come i due appena uccisi. E Bernbach è stato uno dei più grandi copywriter di tutti i tempi.
Il Questore sembra soddisfatto a metà: va bene che Bernbach non è il nome di qualche ideologo di sinistra ma è pur sempre un nome straniero e il pensiero politico nazionale emergente suggerisce di rinunciare alle parole straniere, come ai tempi di quel mezzo busto chiuso dentro il mobile alle sue spalle.
– Come vede conosco bene il settore della pubblicità, per questo non dovrebbe togliermi l’indagine.
– Perché pensa che le voglia togliere l’indagine?
– Non tutti i giorni capita di essere convocati nell’ufficio del Questore.
– Vede, si tratta di una cosa delicata… i giornali escono con titoli cubitali e noi non abbiamo ancora scoperto niente.
– Sono passate solo due settimane.
– Sì, ma è la prima volta che abbiamo un serial killer a Milano!
– È ancora presto per affermare che si tratti di un serial killer.
– E allora cosa abbiamo scoperto? – dice bruscamente il Questore alzando il tono di voce.
– Un collegamento tra le due vittime c’è, ma è molto debole. Fabio Palombella e Paolo Giacobino si conoscevano, d’altronde il settore è piccolo, circoscritto, ma non si frequentavano da anni. Avevano lavorato nella stessa agenzia una quarantina di anni fa, un’agenzia che non esiste più e che si chiamava SCM, un acronimo di Studio Comunicazione Moderna.
– Ecco, vede che siamo di fronte a omicidi seriali, – conclude il Questore sbattendo una mano sul tavolo come a voler concludere la discussione, – ho deciso che la farò affiancare da qualcuno. D’altronde lei è una…
La frenata improvvisa del Questore denuncia che stavano per scappargli delle parole di cui si sarebbe potuto pentire, in pubblico. Ma Annamaria conosce bene quelle parole e le completa: – una donna?
– No, – la corregge il dottor Cirinnà con imbarazzo malcelato, – volevo dire che è un’ottima professionista ma non ha le competenze per affrontare da sola l’indagine su un efferato omicida seriale.
Un’altra cosa che Annamaria ha imparato è che non serve controbattere, qualsiasi cosa dirà adesso si ritroverà comunque ad avere a che fare con qualche incompetente che non farà altro che complicare il suo lavoro. Si limita ad inclinare la testa e a guardare il Questore di sbieco. Gli esprime quello che pensa di lui senza dirglielo. Ma il suo sguardo è un eloquente giudizio di disprezzo.
Lo disprezza come disprezza Alfio Casella, anche se il suo vice può contare sull’alibi dell’ignoranza, sulla mancanza di cultura, perché arriva da un remoto paesino del sud ed è rimasto ostaggio di una serie di pregiudizi tramandati nei secoli da famiglie che per generazioni si sono dedicate a coltivare i campi, mentre il Questore Cirinnà ha studiato e il suo bieco modo di pensare è figlio di una mentalità ottusa, incapace di accettare che il mondo possa andare avanti e che si batte per conservare uno status quo gattopardiano che sta facendo marcire questo paese fin dalle fondamenta.
– Non capisco perché tutta questa urgenza, – si limita a ribattere il commissario Rizzo.
– Lunedì prossimo c’è la settimana della moda. Ha chiamato lui… – le risponde il Questore alzando gli occhi al cielo.
– Chi? Dio? – Annamaria non riesce a frenare la battuta.
– Non sia blasfema! – si infiamma il Questore battendo con forza entrambe le mani sulla scrivania, – naturalmente mi riferivo al signor A… e. cioè al signor G… A… se mi capisce bene … ma nessuno di noi vuole che finiamo sui telegiornali del mondo intero, non siamo d’accordo su questo?
Squilla il telefono sulla scrivania del Questore che, senza neppure scusarsi, interrompe la conversazione e alza la cornetta. Mentre l’uomo grugnisce monosillabi incomprensibili al telefono, Annamaria fantastica sul delitto del terzo copywriter durante la settimana della moda. Immagina i servizi della CNN, reporter scandalizzati perché la vittima non indossa capi all’altezza delle griffe italiane e perché la stessa scena del crimine risulta priva di arredi di design, così da mettere a rischio pure l’immagine dell’incombente Fuorisalone. Ma le sue fantasticherie vengono interrotte dal rumore della cornetta che viene schiantata sul suo supporto di plastica. E dalla voce del Questore che non nasconde la sua maligna soddisfazione: – hanno trovato il terzo copywriter morto!”
Annamaria assorbe l’informazione in silenzio: in un attimo il terzo omicidio di un copywriter si è trasformato da grottesca fantasia fashionista in crudele realtà. Intanto il Questore insiste a prendersi la sua rivincita: – è ancora convinta che non ci troviamo di fronte a un serial killer? A prescindere da ciò che pensa, faremo come dico io. Sarà affiancata dal dottor Anselmo Facheretti, un esperto profiler di fama nazionale.
Ma al commissario Berni non interessa l’identità del profiler, quanto piuttosto quella della terza vittima. Chi sarà il terzo copywriter ucciso? Sarà anche lui una vittima illustre del mondo della pubblicità? Lo scoprirà presto e le indagini prenderanno una piega del tutto imprevista. Tanto che ci sarà addirittura qualcuno pronto a scommettere che il movente principale di tutta questa faccenda abbia a che fare con il sesso.
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Altre cose da leggere quest’estate.
Il suggerimento di questa settimana riguarda un libro di marketing che ho letto qualche mese fa ma che può risultare interessante anche per chi ama la comunicazione e quindi è iscritto come te alla mizionewsletter.
Sto parlando di SVUOTA IL CARRELLO. IL MARKETING SPIEGATO BENISSIMO di Gianluca Diegoli.
Ora, io odio il marketing e il 90% degli uomini di marketing, ma Gianluca fa eccezione e, anzi, provo per lui una stima che ho per pochi altri professionisti del settore. Addirittura è spesso una fonte d’ispirazione per me. Esempi: quando aprì il blog, nel lontano 2006, lui era già un blogger affermato e se ho iniziato a scrivere la mizionewsletter è solo perché lui aveva già iniziato con successo la sua (a proposito, se vuoi puoi iscriverti alla sua LETTERA DI [MINI] MARKETING).
Soprattutto apprezzo il suo carattere low profile e l’ironia con cui riesce a spiegare con leggerezza anche i concetti di marketing più complessi.
Il libro racconta di come le strategie del marketing ci influenzino, invisibili, ogni giorno: dal menu caffè + spremuta (ma la volevi poi la spremuta?) al dilagare di foto di panificazione su Instagram durante il lockdown. Un libro che non parla solo agli aspiranti marketer, ma è anche un manuale di autodifesa per tutti, con esempi concreti che ci mostrano le tecniche e i meccanismi con cui i marketer cercano di venderci qualsiasi cosa, e spiegandoci anche perché, spesso, alla fine ci riescono.
SVUOTA IL CARRELLO. IL MARKETING SPIEGATO BENISSIMO è un manuale Jedi scritto da uno che ha scelto di rinunciare al lato oscuro della Forza del Marketing (e le numerose recensioni positive su Amazon lo dimostrano).
QUI LA VERSIONE CARTACEA e QUI LA VERSIONE EBOOK.
Chi sono.
Mi chiamo Mizio Ratti e faccio il copywriter da più di trent’anni.
Se questo non ti basta posso aggiungere che attualmente sono Direttore Creativo e Partner di due agenzie di comunicazione: Enfants Terribles e Hallelujah. Se poi hai un carattere stalker e vuoi saperne tutto su di me puoi trovare molto di quello che mi riguarda qui: linktr.ee/mizioblog
Sono di Lerici, anche se sono emigrato a Milano negli anni ‘90, e sicuramente passerò lì qualche giorno quest’estate. Quindi, se dovessi passare anche tu dalla Liguria, mi raccomando: non mi cercare e non provare a contattarmi. Perché i liguri sono poco ospitali, e io non faccio eccezione, specie con i foresti e soprattutto d’estate. Ma sono comunque sufficientemente gentile da augurarti buone vacanze :-)