L'Annual del 1985 (the Copycat 7/11).
LA QUARTA VITTIMA DEL SERIAL KILLER DI COPYWRITER NON È UNO QUALUNQUE: È L'EX PRESIDENTE DI UN'ASSOCIAZIONE DI SETTORE. MA DI QUESTI OMICIDI ORMAI PARLANO TUTTI, ANCHE I GRUPPI SU FACEBOOK.
Ciao,
finora nessuno ha ancora risolto il mini-thriller pubblicitario dell’estate, e questo mi fa piacere perché significa che ho nascosto bene l’assassino, ma secondo le mie previsioni dopo la lettura di questa settima puntata, almeno un paio di lettori avranno le idee molto più chiare.
Se vuoi rileggere le vecchie puntate per risolvere anche tu l’enigma, eccole: il primo capitolo si intitola THE COPYCAT, il secondo IL COMMISSARIO BERNI, il terzo UNO STUDIO DI REGISTRAZIONE IN ROSSO, il quarto DIO, PATRIA E FAMIGLIA, il quinto IL PROFILER MANIACALE, il sesto LO ZIO CHECCO. Oppure puoi ripassare la trama con il riassunto più sotto.
Nelle puntate precedenti.
Il copywriter Fabio Palombella viene trovato ucciso dall’uomo delle pulizie nei bagni di una multinazionale dell’advertising. L’omicidio ricorda il primo delitto descritto da Giorgio Faletti nel suo libro “Io uccido”: la vittima ha il volto mezzo scarnificato e sopra il corpo c’è scritto con il sangue IO AMAZZO, con una emme sola. Una settimana dopo viene eliminato un altro copywriter famoso, Paolo Giacobino, anche questa volta copiando un altro omicidio letterario famoso, quello scritto da Arthur Conan Doyle (inventore di Sherlock Holmes) in UNO STUDIO IN ROSSO. Infine, la terza settimana, viene trovato ucciso Pietro Allievi sul set dello spot della Xamamina, in una situazione che ricorda ASSASSINIO SULL’ORIENT EXPRESS. A capo delle indagini c’è la commissaria Annamaria Rizzo, soprannominata il Commissario Berni, e figlia di un famoso ex copywriter, Paul Rizzo, che soffre di demenza senile e che riesce ad esprimersi solo con gli slogan degli anni ‘80 e ‘90. Ma poco prima del terzo omicidio il Questore Antonino Cirinnà la costringe ad avvalersi della consulenza del profiler Anselmo Facheretti che è convinto che il serial killer uccida per problemi di identità sessuale. Alla Commissaria il nome di Allievi ricorda qualcosa: è uno dei vecchi colleghi del padre. Non potendo chiedere informazioni a Paul Rizzo a causa della sua demenza senile, Annamaria va a trovare lo zio Checco, una vecchia conoscenza della pubblicità, che le suggerisce di cercare nel passato della SCM (Studio Comunicazione Moderna), una vecchia agenzia di pubblicità ormai chiusa.
L’Annual del 1985.
Nei giorni successivi al terzo omicidio, quello di Pietro Allievi sul set dello spot della Xamamina, le agenzie pubblicitarie milanesi si erano svuotate. I giornali continuavano a uscire con articoli sul serial killer dei copywriter e sul gruppo di copywriter più importante di Facebook, Un posto al Copy, la gente continuava a pubblicare supposizioni inquietanti, tra cui quella che il serial killer attingesse le vittime da lì. Daniela Montoggi, la fondatrice, aveva deciso così di cambiare temporaneamente il nome in Un posto al Pony, e i membri del gruppo per cercare di mimetizzare la propria professione avevano iniziato a postare conversazioni sull’ippica. Ma non erano i soli a temere per la propria vita: tutta la gente che lavorava in pubblicità era andata nel panico.
Nelle agenzie di pubblicità i primi a chiedere di lavorare in smart working erano stati proprio i copywriter, terrorizzati dalle uccisioni, a cui erano seguiti gli art director, per il semplice timore che l’assassino ripiegasse su di loro non trovando in agenzia le sue vittime preferite. Dopo gli art director era toccato infine agli account che avevano motivato la loro richiesta con un ragionamento inappuntabile: se uccidono i creativi pazienza, li sostituiamo con gli stagisti, ma se uccidono noi l’agenzia perde i clienti.
E così le agenzie di pubblicità erano tornate a essere deserte come ai tempi del lockdown: era possibile attraversare i lunghi corridoi degli uffici dei grandi gruppi internazionali senza incrociare anima viva, e quegli spazi una volta frenetici riportavano la stessa desolazione degli sperduti e polverosi villaggi del Far West, con la differenza che invece delle piante di salsola si vedevano rotolare per terra i rough accartocciati di vecchie campagne scartate da qualche cliente.
Al contrario degli uffici delle agenzie di pubblicità milanesi, quello del Pool Serial Killer è al limite della sua capienza, ma solo perché è talmente angusto da riuscire a ospitare solo i tre componenti della squadra: il commissario Berni, il vicecommissario Alfio Casella e il profiler Anselmo Facheretti. I due uomini sono davanti a un monitor collegato a un vecchio lettore U-matic, un vecchio formato di videocassette introdotto Sony nel 1971 e un tempo molto utilizzato in pubblicità. Stanno guardando lo showreel con tutti i vecchi spot di Pietro Allievi, un centinaio almeno, e cercano di trovare indizi. Inutile aggiungere che gli indizi che cercano sono sempre di natura sessuale.
Sullo schermo appare il vecchio spot di un gelato. Un ragazzo, diventato famoso per aver fatto cinema, abborda due ragazze in un baretto della costiera romagnola. Il dialogo va avanti finché Anselmo Facheretti non schiaccia il tasto di pausa sul telecomando.
– Two gust is mei che one! – esclama soddisfatto.
Il vicecommissario Alfio Casella lo guarda incuriosito, ma Facheretti insiste: – ci siamo!
Casella ripete poco convinto: – ci siamo?
– Capisco che l’indizio non sia evidente, e che solo un esperto come me poteva coglierlo, ma una volta compresa la psicologia dell’Allievi questa battuta è la cartina tornasole!
– E quindi… – tentenna il vicecommissario Casella cercando di non far capire che non ha capito.
– E quindi scrivendo questa battuta Pietro Allievi dimostra di essere bisessuale, – spiega Facheretti pieno di sé, – la cosa è lampante: two gust is mei che one significa che essere bisessuale è meglio di essere semplicemente etero!
– Ma nella scena sono presenti due ragazze, non vorrà invece dire… – prova a controbattere il poliziotto.
– Che ci siano due ragazze rafforza la tesi, perché l’Allievi ha voluto mimetizzare la sua vera natura sessuale. Sono pronto a scommettere che se potessimo controllare la sceneggiatura originale dello spot scopriremmo che all’inizio aveva previsto un attore e un’attrice. Quella delle due ragazze è stata sicuramente una modifica richiesta del cliente.
– Allora ci siamo, – si entusiasma Casella, – tutti e tre i delitti hanno un movente passionale!
Mentre i due uomini si scambiano high five con le mani e ripetono teorie strampalate, la commissaria Rizzo sta sfogliando un grande libro illustrato. È l’Annual del 1985 dell’Art Directors Club Italiano, l’associazione dei migliori creativi pubblicitari italiani. Un libro che raccoglie le campagne più belle di quell’anno, con tanto di foto e nomi degli autori. Annamaria non ha dovuto far richiesta all’ADCI per procurarselo, le è bastato cercare nella libreria del padre. Paul Rizzo li ha collezionati tutti, o quasi, dal primo Annual del 1981 fino a quello del 2018, quando ha smesso di interessarsi alla pubblicità a causa della malattia.
C’è un nome ricorrente in quell’Annual ed è il nome di un’agenzia, la SCM, Studio comunicazione Moderna. Metà delle campagne premiate sono firmate da quella sigla che non esiste più. E i nomi dei copywriter che le hanno ideate le sono familiari. Palombella, Giacobino e Allievi perché sono le prime tre vittime dell’assassino. Paul Rizzo perché è il padre. Spilla e Cecchi Paone perché gliene ha parlato lo zio Checco. C’è solo un nome che non aveva ancora sentito nominare, ed è lo stesso che urla l’agente di polizia entrando di slancio nel piccolo ufficio del Pool Serial Killer: – c’è un altro copywriter morto, si chiama Marco Laccio!
Marco Laccio non lavorava più in agenzia da quando aveva deciso di dedicarsi alla scrittura di romanzi thriller. Si era stufato delle dinamiche della pubblicità, delle continue ingerenze dei clienti e siccome aveva venduto le quote dell’agenzia che aveva fondato anni prima, poteva dedicarsi alla sua seconda carriera da scrittore. Nonostante la sua assenza dalle scene della pubblicità era ancora conosciuto nell’ambiente perché qualche anno prima era stato presidente dell’Associazione Italiana Copywriter.
La commissaria Berni è certa che la notizia del suo omicidio terrorizzerà ancora di più il mondo del copy. Non tanto per la fama di Laccio, quanto per il fatto che sia stato ucciso a casa sua. Significa che i copywriter non sono al sicuro neanche in smart working.
L’ultima vittima è stata trovata in una pozza di sangue, con il cranio fracassato. L’arma usata per il delitto è davvero originale: una macchina per scrivere, una vecchia Olivetti Lettera 22 che Laccio usava ancora invece del più comune computer con word processor. Intorno al corpo sono sparpagliati dappertutto fogli di carta, alcuni mezzo bruciacchiati. E uno di questi fogli Marco Laccio ce l’ha infilato nella bocca, come se l’assassino avesse cercato di soffocarlo.
– Potrebbe trattarsi del romanzo che stava scrivendo, – dice sottovoce la commissaria Berni.
– Grigio, – la corregge Nerozzi, il capo della scientifica, – e anche questo aveva come protagonista Pietro Adda.
Il vicecommissario Casella e il profiler Facheretti osservavano in silenzio Nerozzi mentre continua a trafficare intorno al cadavere e si scambiano occhiate complici: stanno pensando come collegare anche questo quarto omicidio alle loro strampalate teorie sessuali. La commissaria Rizzo pensa a tutt’altro: si chiede come sia possibile che la casa di Marco Laccio non abbia segni di effrazione. L’omicidio è stato scoperto grazie all’uomo delle pulizie che ogni mercoledì viene a rimettere in ordine. Ma la porta era chiusa e nessuna delle finestre è stata forzata. Che un assassino possa muoversi liberamente in un ufficio, in uno studio di registrazione oppure su un set è comprensibile, ma com’è possibile che riesca ad entrare in una casa senza forzarla? C’è solo una cosa che può spiegare l’accaduto: Marco Laccio ha aperto la porta all’assassino. Laccio conosceva il serial killer.
La commissaria Rizzo abbandona la scena del crimine, lasciando sul posto Nerozzi, Facheretti e Casella. Non c’è nient’altro che al momento ha bisogno di scoprire. Anche il modo in cui è stato ucciso Laccio non le dice nulla di nuovo, le è stato sufficiente dare un’occhiata alla libreria della vittima per capire. L’omicidio da cui il serial killer ha tratto ispirazione è descritto in uno dei tanti libri che fanno bella mostra sugli scaffali, per ritrovarlo basterebbe sfogliare uno dei romanzi dell’autore preferito di Marco Laccio.
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Altre cose da leggere quest’estate.
Da Marco Laccio a Marco Faccio che davvero si sta dedicando alla scrittura di romanzi gialli ma non per questo ha mollato il suo lavoro e la sua agenzia. Ho appena finito di leggere il suo primo thriller, IL MOSTRO DI PROCIDA, che ti consiglio, sia per l’ambientazione sia per la sapiente costruzione della suspence.
Se lo leggi e ti piace, puoi anche provare gli altri due thriller con protagonista Pietro Abbà: SPACCACUORI e NERO.
Chi sono.
Mi chiamo Mizio Ratti e faccio il copywriter da più di trent’anni.
Se questo non ti basta posso aggiungere che attualmente sono Direttore Creativo e Partner di due agenzie di comunicazione: Enfants Terribles e Hallelujah. Se poi hai un carattere stalker e vuoi saperne tutto su di me puoi trovare molto di quello che mi riguarda qui: linktr.ee/mizioblog
Sono di Lerici, anche se sono emigrato a Milano negli anni ‘90, e sicuramente passerò lì qualche giorno quest’estate. Quindi, se dovessi passare anche tu dalla Liguria, mi raccomando: non mi cercare e non provare a contattarmi. Perché i liguri sono poco ospitali, e io non faccio eccezione, specie con i foresti e soprattutto d’estate. Ma sono comunque sufficientemente gentile da augurarti buone vacanze :-)